Che cos'è per te la fotografia?
Un mezzo attraverso il quale riesco a trovarmi in una condizione di osservazione privilegiata e il linguaggio che più trovo adatto per indagare e elaborare i pensieri e le sensazioni sulla realtà che mi circonda. La fotografia mi aiuta a vedere meglio e a pensare.
Parlaci del tuo sguardo e di come lo alimenti.
Il mio sguardo si è servito dello strumento fotografico, e se ne serve tutt’ora, per liberarsi da diversi condizionamenti che lo limitano. Lo alimento con le caratteristiche ottico-visive degli strumenti che utilizzo: il rigore e l’ordine del formato quadrato, la rapidità dello scatto digitale, la matericità sporca della carta che uso con la scatola stenopeica. Lo alimento con pensieri o concetti che assumono forma visiva grazie all’incontro con la realtà, con linguaggi utilizzati dai fotografi che seguo, con sensazioni date da immagini filmiche.
Come scegli le tematiche che affronti e cosa ti leghi ad esse?
La scelta di iniziare un progetto nasce da un pensiero ricorrente, o da un concetto con cui vorrei confrontare la realtà fisica. Dipende dal mio interesse verso un luogo e da come quel luogo appare ai miei occhi o ancora dalla coincidenza di trovarmi in un certo luogo, in una certa ora del giorno, con la fotocamera giusta. Il mio oggetto di osservazione fotografica è soprattutto l’essere umano e l’ambiente che egli vive.
In riferimento al lavoro presentato, raccontaci come è nato e come l'hai sviluppato.
Il progetto nasce come ri-esplorazione dei luoghi del film L’Eclisse.
Andando alla ricerca delle zone semi-deserte in cui Antonioni ambienta la sua storia,
ho trovato, com’era prevedibile, un quartiere completamente differente. Il paesaggio deserto della periferia romana degli anni ‘60 e gli elementi architettonici che sovrastano i personaggi de L’Eclisse, come ad esempio la “torre-fungo”, lasciano il posto ad una città complessa e caotica, rispetto alla quale quegli stessi elementi che sembravano così maestosi e abnormi vengono ridimensionati assumendo una certa sembianza di arretratezza e di “umanità”.
Il paesaggio incontrato lungo il mio itinerario è ricco di segni della vita della società contemporanea: nessun evento straordinario ma piccoli movimenti quotidiani, segni di una città in perpetua e caotica stratificazione tra elementi architettonici arcaici e oggetti tipici dell’età del consumo, elementi urbani e paesaggio “indisciplinato”.
Andando alla ricerca delle zone semi-deserte in cui Antonioni ambienta la sua storia,
ho trovato, com’era prevedibile, un quartiere completamente differente. Il paesaggio deserto della periferia romana degli anni ‘60 e gli elementi architettonici che sovrastano i personaggi de L’Eclisse, come ad esempio la “torre-fungo”, lasciano il posto ad una città complessa e caotica, rispetto alla quale quegli stessi elementi che sembravano così maestosi e abnormi vengono ridimensionati assumendo una certa sembianza di arretratezza e di “umanità”.
Il paesaggio incontrato lungo il mio itinerario è ricco di segni della vita della società contemporanea: nessun evento straordinario ma piccoli movimenti quotidiani, segni di una città in perpetua e caotica stratificazione tra elementi architettonici arcaici e oggetti tipici dell’età del consumo, elementi urbani e paesaggio “indisciplinato”.
Quale potrebbe essere la destinazione ottimale per questo tuo lavoro? E perché?
La destinazione ideale per questo lavoro è il libro fotografico perché permette un tempo di analisi dilatato e un’osservazione ripetibile, o un'esposizione collettiva insieme ad altri lavori riguardanti lo stesso tema o lo stesso luogo geografico.
In che modo la tua vita quotidiana influenza il tuo lavoro e viceversa?
Le mie fotografie nascono sempre da un bisogno di interazione con la realtà quotidiana, da un desiderio di scoperta o da sensazioni che voglio capire meglio.
Cosa pensi della fotografia italiana contemporanea?
Mi sembra che a parte il fotogiornalismo e la moda, ambiti che non prendo in considerazione ma che godono di una certa posizione nel mercato dell’immagine, ci siano molti fotografi emergenti davvero bravi. Il problema fondamentale è che (tranne casi rari e preziosi come Calamità project ed Exposed project) manca una progettualità che leghi la capacità analitica e sintetica dello strumento fotografico a delle ricerche multidisciplinari più o meno strutturate, che si servano dell’immagine fotografica come uno degli aspetti di ricerca sul paesaggio e sulla condizione dell’uomo. Penso a tutta l’epoca d’oro delle committenze pubbliche degli anni ‘70-80-90 che ormai ai giorni nostri sembrano quasi leggenda.
Quali aspirazioni hai per il futuro?
Poter lavorare nel campo della fotografia, esporre i miei lavori fotografici, e partecipare a progetti multidisciplinari che includono la fotografia.
Galleria "Humanscape"
Biografia
Nata nel 1984 in provincia di Roma. Laureata all'I.S.I.A. di Urbino nella specialistica in Fotografia dei BBCC dove approfondisce la tecnica fotografica e la fotografia come indagine sul territorio attraverso i corsi di Guido Guidi, Mario Cresci, Luca Capuano, Paola Binante. Frequenta il workshop #sintesis "Un chilometro" tenuto da Guido Guidi a Savignano ed ha esposto in varie mostre collettive tra cui la IV edizione di Farhenheit 39 di Ravenna, "Un Chilometro" al SiFest di Savignano, "Roma Naked City" di Roma, "Dentro l'immagine" a Bologna.